Centoventottesima puntata 04/05/2014

Alla riscoperta del Fossato. Dopo sette anni una spedizione di ciclisti ne esplora il lato oscuro.

 

"Urlate pian ché l'ora s'avvicina."

Bisbiglia Caparrini mentre arriva

di ciclisti la solita trentina.

"Stranamente c'è gente che dormiva

all'otto di domenica mattina.

E mi han mandato pure una missiva

da cui sembra che nei vicin palazzi

s'odano troppi strepiti e schiamazzi.

 

Oggidì risparmiate fiato e affanni

sul nobile percorso che ristette

in vigile letargo per sett'anni.

Dal primo maggio del duemilasette

c'é chi ha viva memoria dei suoi danni

eppur di frequentarlo ancor non smette.

Sto parlando, tacendo al vicinato,

nientepopodimen che del Fossato.

 

Se siete qui vuol dir che per davvero

siete pronti a saggiarne i tristi effetti.

Ecco Chiarugi, Nucci, Zio, Cordero,

Salani, Ciampalini, Menichetti,

ridente Tempestin, Nozzoli fiero,

Scardigli, Selmi, Marconcin, Cianetti.

Alla musa non voglio fare torti

ma questi qua mi sembran tutti forti.

 

Alla botta non sembra Giunti incline,

né Mancin membro del ciclismo avito,

né Farnetani dall'argenteo crine,

né Costoli loquace e rifinito,

né Macii che si colloca al confine

fra l'ignoto ciclista e quello ardito,

pertanto candidati all'esplosione

restan solo De Rienzo e il pio Buglione."

 

Sussurrava ai ciclisti il presidente

e cominciavan loro a figurarsi

le spire del Fossato nella mente.

I pavidi, gli incerti e quelli scarsi

fra Signa e Prato, in un ameno ambiente,

erano quindi intenti a interrogarsi:

"Andiamo incontro a quel martirio truce

o seguiamo Carlon ch'oggi riduce?"

 

La risposta fu unanime e serena:

"Fin verso il tabernacol di Gavigno

senza sconto di strada né di pena."

Anche De Rienzo, potenziale ordigno,

nessun dubbio o timore mette in scena.

Pensa qualche collega inver maligno:

"Quest'apparente calma ch'egli finge

sarà ben vana se nessun lo spinge."

 

Nozzoli intanto, che non ha rivali,

chiude con molto anticipo la gara

fuggendo fra rotonde e tangenziali.

E siccome la fama a tutti è cara

s'attaccano al suo treno tre sodali

che imparan subito come si bara.

E quindi Nucci, Ciampalin, Macii

son depennati prima dei pendii.

 

Dei reprobi è incurante il gruppo onesto

che nel suo lento inceder dà men cura

al cielo che diventa ognor più mesto.

Poco è dura la pioggia e poco dura,

e il Fossato ch'era un pensier funesto

or sembra un buon auspicio addirittura.

"Tranquilli, ché alla fin dell'erta strada"

dice il duca "ogni nube si dirada."

 

È questo un modo come un altro adatto

ad inibir retrogradi ritiri,

ma a Vernio Caparrini è soddisfatto

e annuncia ai suoi fedeli e probi viri:

"Signori, c'è il Fossato: il dado è tratto."

Poi s'odon per risposta sol sospiri.

E prima che maggior lamento s'oda

in testa è Tempestin, De Rienzo in coda.

 

Sui gran rocchetti salgon le catene,

per stare in equilibrio ognun s'ingegna

guardando avanti le altrui curve schiene.

Al suo anteriore Caparrini insegna:

"Meco salir, Buglione, ti conviene

se non vuoi sulla schiena buscar legna."

Così protetto sotto nobil ala

Buglion arriva in cima e non s'ammala.

 

Gli altri cercan compagni come a scuola:

Chiarugi con Scardigli e Zio s'aggrega,

Cianetti con Salan tosto s'invola,

Mancin su Giunti e Farnetan ripiega,

e il primo e prode Tempestin s'immola.

Mentre De Rienzo è solo e i santi prega,

egli parecchie miglia indietro scende

e man caritatevole gli tende.

 

L'umana propulsione che riceve,

mentre il gruppo coi bari si riunisce,

rende forse l'attesa un po' più breve.

Ma Caparrin ricorda ed ammonisce:

"Metà percorso ancor compier si deve

e le vie non saranno belle lisce.

All'Acquerin, è scritto in tante stampe,

s'arriva dopo strappi e dure rampe."

 

Però De Rienzo non fa più sorprese,

non lo ferma oramai niente e nessuno

anche se inver produce lunghe attese.

All'Acquerin, ch'era antico raduno,

Costoli inganna il tempo e le discese

forando il tubolare con un pruno.

La fame con l'attesa allora crebbe

e il San Baronto ancora ci sarebbe.

 

Quando il sole di maggio allor scintilla

il gruppo invade il primo bar che trova

e con saccheggio qui si rifocilla.

Gran sciame di locuste par che piova:

di viveri non lasciano una stilla

e poi riparton con baldanza nuova.

Riparton baldi e sazi da Candeglia,

ma in silenzio, così nessun si sveglia.