Sessantanovesima puntata 01/03/2009

Non Tinti ma Castiglioni. Insidie e dilemmi in un mattino bagnato.

 

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,

anzi d’antico: fuor dall’uscio sento

strano silenzio che sgomenta e duole.

Non c’è di grida il solito concento

che desta chi poltrir di festa vuole,

ma s’ode appena un idrico lamento.

Altro che viole, marzo inizia e sfoggia

un bel risveglio di sommessa pioggia.”

 

Con braccia e pure con idee conserte

Caparrin l’umidor dell’aria annusa

ed elenca tre cose per lui certe:

“La Classica del Tinti è già preclusa,

i ciclisti stan sotto le coperte,

e rimane in letargo pur la musa.”

Ma nei fatti che seguono si apprezza

ben più preponderante l’incertezza.

 

La musa ch’era pronta a dare in prosa

gli usati onori al nostro Tinti mago,

carpisce l’occasione vantaggiosa

vedendo Caparrin triste e presago

sotto l’ingrata coltre nubilosa

che promette un destino ansioso e vago.

E intanto, pur presaghi e non men tristi

arrivano da lui vari ciclisti.

 

La vana speme, che non è mai troppa,

fa giunger primo in sede Muritano

con gli abiti di scorta sulla groppa.

Un desio che non vuol essere vano

in Chiarugi e Salani pur galoppa

e in Nucci e Tempestini col pastrano.

Mentre fra Bagnol Effe e la Bertelli

si vede gente in giro cogli ombrelli.

 

“Dove si va?” Risuona il gran quesito.

Risuona a Caparrin pur la cornetta

da chi cerca notizie ancor svestito.

“Il Tinti che ci aspetta sulla vetta

è in più radioso giorno trasferito,

ma non si espunga almen la bicicletta.

Lo Zio ch’è già vestito, e non indarno,

ci aspetta tutti a Limite sull’Arno.”

 

Allettante è talmente la proposta

che proprio a letto Tempestin riparte

e Bagnol Effe poco più si sposta.

Muritan prima medita in disparte,

ed ogni speme in zaino ormai riposta

non dà prosieguo inumidito all’arte.

E Salani deluso allor opina:

“Bagnato per bagnato andrò in piscina.”

 

“Dove si va?” Risuona il gran dilemma

mentre anche Zio s’unisce ai volitivi

che gocciolan parecchio, ma con flemma.

Caparrini penando a tutti i bivi,

mette il cappello come stratagemma

affinché l’acqua per la via si schivi.

E in più, con mantellina d’ordinanza

vuol render più credibile l’istanza.

 

“Dove si va?” Chiarugi alla Ginestra

non si lascia trovare impreparato.

“Usciamo” dice “dalla via maestra.”

Con carisma lo dice e con afflato,

e l’idea lì per lì non par maldestra.

“Garantisco l’assenza di sterrato.”

Così si trovan senza opposizioni

sull’incognita via di Castiglioni.

 

“Dove si va?” “S’arriva a Montagnana.”

Finalmente al quesito si risponde

e la strada all’inizio sembra sana,

liscia e sinuosa fra le umide fronde

lascia la pioggia sempre più lontana

verso vieppiù insperate asciutte sponde.

Ma il giudice infernal che mai non erra

d’un tratto muta il dolce asfalto in terra.

 

“Dove si va?” Sì Caparrin impetra.

“Sui sassi le mie route non immolo

e fo come colui che guarda e arretra.”

Di bici a ruote larghe c’è uno stuolo

che prova a dissuader da quella pietra

le sorelle inadatte al rude suolo.

Ma la Bertelli, biker pertinace,

è in fuga già in quel suolo che le piace.

 

Nucci la insegue e poi Chiarugi pure,

tituba Zio ma Caparrin non cede

dapprima al rischio delle pietre dure.

Ma quando lungi i suoi compagni vede

con pedalate grevi ma sicure,

al fascino dei sassi si ricrede.

E con solchi, sobbalzi e qualche salto

conquista il colle e l’agognato asfalto.

 

“Dove si va?” C’è Caparrin che freme

perché scorciando con la strada bianca

d’aver perso chilometri egli teme.

“Trentina di chilometri ci manca

per non tornare con le gambe sceme,

e giusta ho una salita ch’ognor stanca.

Per dover di fatica allor m’appello

al bitumato e celebre Mannello.

 

Di Montaion si tratta e non per sorte,

poiché nessuno pare che si lagni

se le distanze sono lunghe o corte.

L’importante è che un desco si guadagni,

che le sacrali paste siano porte

nel rito eterno della sosta Pagni.

E nella fattispecie tosto impelle

bar con immeritevoli frittelle.

 

Così quell’alme dalla piova offense

ottennero una degna alternativa

al pane col tradizional circense.

Ma la fame di lor superlativa,

adoperata per più gravi mense,

convien che in altre carte si descriva.

Che gli stomaci ancor non sian vinti

perché torna la Classica del Tinti.