Settantaduesima puntata 03/05/2009

Tanto tuonò che forse non piovve. Cronaca di una botta troppo annunciata.

 

Sì come freccia che dall’arco scocca,

un mormorio crescente ed eccitato

veloce trasvolò di bocca in bocca.

“È ritornato, gente, è ritornato!”

Suonava la gradita filastrocca.

“È ritornato l’uomo del gelato,

colui che si vestì di verde e rosa

e sul Fedaia al piede diede posa.

 

Ciclisti, orsù venite alla raccolta,

è tornato Forconi il cavaliere

che la bici in salita spinse sciolta.

Venite, orsù ciclisti, a rivedere

la botta ch’è scientifica stavolta,

un’insita mansion del suo mestiere.

Oggi avvien che l’ascesa si raddoppi,

e una sola gli basta perché scoppi.”

 

In effetti l’ordito è assai propizio:

il ciclista più scarso fa ritorno

nel giro degno di maggior esizio.

Trebbio e Pizzorne valgon trebbia e scorno,

e già rischia chi vive in esercizio,

s’immagini un ciclista disadorno.

Tant’è pria di partire certo il botto,

che si prenota già il centodiciotto.

 

Nonostante l’asprezza del percorso,

all’otto in punto di ciclisti e muse

ci fu naturalmente un gran concorso.

“Avrà forse Forcon le idee confuse,”

ci fu chi chiese “o forse avrà rimorso

e le nostre speranze andran deluse?”

Ma Forcon rispondeva come un disco:

“Farò l’intero giro, ribadisco!”

 

Con abito sociale seppur vario,

numeroso era il gruppo ed elegante

al passo di chi recita il rosario.

Per molti eterodossi era invitante,

ma appena consci dell’itinerario

lo abbandonavano seduta stante.

Non Forconi che pedalava senza

alcun accenno di resipiscenza.

 

“Che così facilmente egli s’immoli”

qualcun pensava “mi par troppo bello.

Farà mica in salita strani voli?”

Non pareva a vederlo un lieve augello

ma c’eran vaghi dubbi e nemmen soli

che celasse Forcon qualche tranello.

Comunque siamo già a Bagni di Lucca

dove più non s’inganna, né si trucca.

 

Trebbio è salita ch’è per tutti i gusti,

per Boldrin che l’affronta a chiorba bassa,

per Nucci al gancio del gregario Giusti,

e per tutta la comitiva lassa

ove ancor gli animi non son combusti

e si pedala senza pagar tassa.

Da questo clima di vivace fiacca

Forconi a malapena si distacca.

 

L’evento di per sé già orignale

suona tra i complimenti di facciata

come un primo temibile segnale,

mentre qualcuno spera e non constata

che questa resistenza innaturale

l’ultima vigoria gli sia costata.

Ma il giudice imparzial sarà Pariana

che i più stanchi e indifesi azzanna e sbrana.

 

Mentre Cocchetti sbaglia la salita

e Caparrin lo aspetta e lo rinfranca,

gli altri scorrazzan come bimbi in gita,

e Forcon, cui il tempismo inver non manca,

anticipa di un poco la partita,

così che ognun lo veda mentre arranca.

Che ognuno lo raggiunga e lo sorpassi

è infatti già previsto pur dai sassi.

 

Lo sorpassa Boldrin che a lui non bada,

e Nucci col trenin di Giusti e Giunti,

Tempesta e Muritan sbagliando strada,

Chiarugi e Traversar poco compunti,

Rinaldi cui la coda pur aggrada,

e sull’Aldebaran son tutti assunti.

Qui l’attesa par lunga ed aspra e forte,

e parecchi la ingannan con le torte.

 

E non pensate che sian solo fette,

perché nei piatti dalla fame espunti

son semicerchi o quasi le più strette.

Nel dolce naufragar delle lor brame

senton l’assenza di tre biciclette,

e nascono così svariate trame:

“Quei due conforteran Forcon esploso,

o costui l’erta via farà a ritroso?”

 

Passan mezz’ora e molte torte piene

quando l’ombrosità dell’altopiano

pazienza e carità più non contiene.

“Forse lo stan tirando su per mano”

pensan “o forse tante son le pene

che un dottor han chiamato o un cappellano.”

Caparrini e Cocchetti si ricordi

che son buoni ed assai misericordi.

 

Molti già indossano le mantelline,

fra il disio di calar nel caldo clima

e quello forte di veder la fine,

quando il trio giunge lieto sulla cima

e Forcon tiene tutti sulle spine

sorridendo però senza far rima.

Con gioia mista ad aria insoddisfatta

“Ma la botta” gli chiedono “l’hai fatta?”

 

Allor lo sventurato non rispose.

Caparrini negò con tono vago

e un velo di mistero tosto impose.

Forcon sembrava veramente pago

ma questa resta fra le strane cose,

come cammello che attraversa l’ago.

E scusate se in fondo a questi versi

non son sul fatto i dubbi ancor dispersi.