Ottantunesima puntata 14/02/2010

Veni, vidi, vici. Tutti gli onori della cronaca ad un eterodosso.

 

 

Quando con palpito e solenne grida

furon cercati prodi paladini

per sostenere valorosa sfida,

si pensava che l’inclito Boldrini

fosse invitto torero da corrida

che infilzava avversar come spiedini.

Ma il fato che colpisce e poi ritorna

due volte gli smussò le agute corna.

 

A Barberino e poscia ad Ulignano

bastò un Chiarugi al minimo servizio

perché il transgenico tornasse umano.

Noi si sperava fosse sol l’inizio

e che qualche altro milite nostrano

rimettesse Boldrin sotto giudizio.

Egli però i giudizi assai paventa,

e come Berluscon non si presenta.

 

“Dov’è Boldrini?” Caparrini chiede

a Chiarugi ed a Nucci che alla mezza

son gli unici ciclisti pronti in sede.

“Manca.” Rispondono con amarezza,

ed all’otto e trentuno sol si vede

la Bertelli d’insolita prontezza.

Sarebbe giusto all’otto e trentacinque

partir furtivi come chi delinque,

 

ma in due minuti arrivan tutti a frotte:

Mirmina, Giunti, Traversar, Tempesta

e Maltini magister delle botte,

solita formazion del dì di festa

senza nessun che anela a vie ridotte,

e fra i due Borchi timido s’attesta

il giovin che del Chianti ebbe un assaggio

ma poi s’arrese per un rotto raggio.

 

“Io non so chi tu sei né per che modo

venuto sei qua giù ma vicentino

mi sembri veramente quand’io t’odo.”

Gli dice Caparrin come Ugolino.

“Se il raggio non t’avesse dato frodo

elencato t’avrei nel giornalino,

ma non so chi tu sei, né chi tu fossi

perciò ti chiameremo Lanerossi.”

 

Lì per lì con gli occhiali ed il farsetto

parve un giovine alunno del ginnasio

che si muoveva in gruppo circospetto.

Qualcun pensava già sul San Gervasio

di poterne apprezzar qualche difetto

per farne un tristo eroe del Metastasio.

Così con fuga un po’ raccogliticcia

accende Tempestin la prima miccia.

 

Tempestin resta solo senza tema

su ruvido e sì butterato asfalto

che il manubrio da sol sobbalza e trema.

Chiarugi e Nucci inseguon senza smalto,

Lanerossi più indietro par che frema

e con scatto più simile ad un salto

mette in chiaro i concetti ed i pedali,

e sorpassa Tempesta coi gambali.

 

“Attenti, o frati!” Borchi figlio avverte.

“Non è venuto apposta da Vicenza

per starsene con le gambe conserte.”

Chiarugi e Nucci non gli danno udienza

perché pensano: “Non ci si diverte

senza Boldrin che impone la cadenza.

Lasciamo a Lanerossi il giusto sfogo

e a Peccioli gli metteremo il giogo.”

 

“Attenti, o frati!” Borchi figlio incalza.

“Non è venuto da Vicenza apposta

per sferruzzare in bici con la calza.

Non attendete all’aria ch’egli imposta,

perché in sella alla bici che rimbalza

prende natura pertinace e tosta.”

“Vedremo.” Pensan, mentre s’avvicina

Peccioli con la sua tortuosa china.

 

Tempesta e Traversar prendon l’aire

ma Lanerossi con fulgor e lena

divora in sol boccon tutte le spire.

L’ignoranza d’un bivio sol lo frena,

mentre gli altri comincian a capire

che di solo Boldrini non si pena,

e in fila arrivan su come formiche

dietro l’esperto della mountain bike.

 

“Ve lo dicevo.” Dice Borchi in piazza,

mentre nel bar lo smercio di frittelle

tutti i ciclisti mitiga e sollazza,

lesti e predaci a scender dalle selle,

e pur Maltiniti arriva e non stramazza

nonostante vision di molte stelle.

I fumi che s’espandon odorosi

fanno resuscitare anche gli esplosi.

 

E forse per l’ebbrezza dell’odore

allora Lanerossi si confessa:

“Scusate, o frati,” dice con pudore

“se così vi staccai senza premessa.

Non venni qui per cogliere le more.

Io son guerriero della ruota spessa,

e dall’onta arrecata ancor mi scuso

però vi devo dir che son deluso.

 

Avevo letto delle illustri imprese

di Boldrini transgenico e fellone,

ed il desio fervente in me s’accese

di disfidarlo in singolar tenzone.

E perciò m’allenai per più d’un mese

con un’unica e solida intenzione:

come un bel paladino di Re Carlo

ero qui convenuto per staccarlo.

 

E invece trovo sol ciclisti fiacchi

che affronto e stacco col profuso impegno

d’un sedentario giocator di scacchi.

Trovatemi Boldrin ch’è forte e degno,

altrimenti conviene che i miei attacchi

profonda su ciclisti del mio regno.

Ed or conviene che la bici inforchi

scortato dai palafrenieri Borchi.”