Ottantasettesima puntata 03/10/2010

Chianti per pochi eletti tra Mondiale ed Eroica.

 

“Oggi mi sembra facil far di conto.”

Annuncia Caparrini ai pochi astanti.

“Mi bastano due mani e non m’adonto,

perché voi siete scarsi ma importanti:

color che si sorbiscon senza sconto

l’essenza della Classica del Chianti,

meritando menzione in bello stilo

nel social annuario ch’io compilo.”

 

Ancor riconta, enumera e riscruta:

“Rinaldi, Tempestin, Nucci, Salani,

con la Bertelli è lista già compiuta,

perché Mirmin che scorcia è fuor dai piani

e d’altri aspetterei qui la venuta,

giacché i mondiali insipidi australiani

eran trasmessi alla tivù di stato

e qualcun forse ci s’è addormentato.”

 

Suonato però l’inno norvegese,

Caparrini decise senza indugi

che terminate fossero le attese.

Così con pochi armigeri e archibugi

l’esercito si mosse ad alte imprese

accogliendo però pure Chiarugi,

il qual convien che all’improvviso appaia

all’ombra d’una quercia di Cerbaia.

 

Non è finita perché ancor la musa

dovette registrar presenza nuova.

Infatti Marconcin con qualche scusa

s’infiltra nel gruppetto a Chiesanuova,

e Caparrin che di saggezza abusa

proclama che ciò val da intera prova

e che quest’ultimi due corridori

non saran declassati a riduttori.

 

A San Cascian Mirmina ha già ridotto

e la gloria del Chianti allora resta

ai già detti ciclisti che son otto.

La musa guarda lor con aria mesta.

“Nessun di questi” pensa “può far botto.

Inani son in coda come in testa.

Ma la Classica è antica ed accettata

e in un modo o nell’altro va narrata.”

 

La strada intanto blandamente ondeggia

e Caparrin con andatura lieve

tiene composta a sé la muta greggia.

Eterodossi arrivan per via breve

e il gruppo perde allora qualche scheggia

per ricomporsi prontamente a Greve,

dove comincia il tradizional gioco

sul colle di Panzan che dura poco.

 

Caparrini, Rinaldi e la Bertelli,

come spesso in salita è lor costume

tengon chiusi nel fodero i coltelli.

Gli altri cinque imbastiscono un barlume

di disfida tra miti confratelli

dove ognun sembra timido ed implume.

Salani tenta di tirare i colli

e gli altri stanno in fila come polli.

 

Arranca Nucci, arranca Tempestini,

Chiarugi cerca di restare a galla,

ma che ci fa con loro Marconcini?

Egli sifona, svirgola e sfarfalla

triturando i pedal con gli scarpini,

ma dopo tanti giri a far da spalla

profitta dell’atletica penuria

per sprintar primo in vetta con goduria.

 

Marconcin per mezz’ora sputa ed ansa,

ma ormai cotale singolar notizia

già giunge nella redazion dell’ANSA.

Il vero Chianti sol adesso inizia

quando l’agone da ogni cor si scansa

per dare spazio al sole e alla letizia.

Sole e letizia son dolci connubi

ma si vedono in cielo tetre nubi.

 

Caparrin che per ora a lungo tacque

così l’estiva truppa rassicura:

“Nemmeno un bollettin previde l’acque.

Il Chianti non s’annacqua e addirittura

c’è sempre stato il sol da quando nacque,

al massimo qualche mattina scura.”

Così dice ed intanto in senso inverso

passan ciclisti in abito diverso.

 

Gli Eroici son che fanno il giro corto

con vetusti cancelli, maglie in lana,

tubolari a tracolla e scarpe a morto.

Qualcun di loro un po’ di pena emana

e qualcun altro con sospetto è scorto

con mantella da pioggia o palandrana.

Si poteva pensar: “Se le son messe

per la discesa, non perché piovesse.”

 

E invece a Radda l’abluzione accade

e nessun ha portato il necessario

per parar gocce nemmen troppo rade.

Or Caparrini al posto del sudario

indossa il cappellin che mai non scade,

dilavato, graffiato e sempre vario.

È legge antica: quando se lo mette

la pioggia che cadeva tosto smette.

 

È regola che vige anche stavolta,

mentre Chiarugi all’umido soccombe,

il clima col cappello ha brusca svolta.

Le strade asciugano e la fame incombe.

A Castellina allora in gran raccolta

i ciclisti consuman degne bombe:

come minimo pani con prosciutto.

Chinotto per agevolar il rutto.

 

I ciclisti al ritorno furon caldi,

sia perché tra le nubi spuntò il sole,

sia perché i colli lor tirò Rinaldi

che con la sua terrificante mole

quando è sazio in pianura non fa i saldi.

Così si può colà dove si vuole:

la musa senza nominar gli assenti

di questo Chianti è ben che s’accontenti.