Novantaduesima puntata 17/03/2011

Per una festa inedita ci vuole una salita inedita. E una sosta risorgimentale.

 

È giovedì ma giovedì di festa

e insieme agli altri italici fratelli

anche l’Empolitour oggi s’è desta.

S’odon ciclisti come tanti augelli

festosi dopo notte di tempesta,

quasi uguali vestiti e quasi belli,

cinta la testa degli elmi di Scipio

tranne chi l’ha scoperta per principio.

 

Caparrin pertinace a testa ignuda

e Ramerin col fez o simil cosa

hanno cotenna dura che non suda.

Su Marconcini ed A Bagnol si chiosa

e a Ramerin convien che ancor s’alluda

per la lor veste atipica ed estrosa.

Ognun però la sua occasione perde

di vestirsi di bianco, rosso e verde.

 

Allor la dama che Bertel si noma

porge la soluzion di questo impaccio

ovviamente porgendo anche la chioma.

“Vi porgo” dice a tutti “un bel legaccio

che ben vedete ha tricolore stroma,

e se volete pure il nodo faccio.

Fateli sventolar sotto il sedere

come se fosser sedici bandiere.”

 

“Sedici?” Chiede Caparrin sorpreso,

egli che ormai era aduso a schiere corte

or si ritrova con un gruppo obeso.

“Merita l’occasion un giro forte

ed un plotone fervido e coeso.

Perciò stringiamci subito a coorte

per esser pronti non a morte spero

ma a soffrir su un inedito sentiero.”

 

“Monte a Pescia? Cos’è?” Ciascun si chiede,

ma soprattutto di saper pretende

se sole o pioggia da lassù si vede.

“Non posso dir se l’acqua là si prende”

sostiene Caparrin “ma abbiate fede:

Chiarugi di salite se ne intende.

(In gergo infatti quando è dura o insana

dicesi di salita chiarugiana).

 

“Fatto il percorso e pure i percorrenti

or verso la virtù dei patrii liti

pedalerem con un sol cuor in venti.

Se sarem di concordia redimiti

soffieranno alle spalle i fausti venti,

se sarem nella pugna forti e uniti!”

E questo Caparrin prevede mentre

a Mastromarco se ne perdon ben tre.

 

Son la Bertelli, Ramerin e Nucci

che il presidente all’ordine richiama

a suon di squilli e con parecchi crucci.

Ma non bastan i paggi con la dama

perché Boldrin e Zio pur fanno i lucci

e il gruppo da lontan li guarda a brama

che per la fretta di costor accada

che sbaglino decisamente strada.

 

Ma sotto un nuvolon parecchio tetro

frenan come temessero la multa

e A Bagnoli saluta e torna indietro.

Gli altri stanno in frenetica consulta

attorno a Caparrin come a San Pietro.

Ed egli a lor: “Il cor non vi sussulta?

Non sarà l’acqua ad arginar la gloria,

schiava di Roma sarà la vittoria!”

 

Esulta Nucci, esulta Muritano:

“Dovunque è Legnano, dovunque è Brescia.

Ogn’uomo di Ferruccio ha core e mano.

Giuriamo di scalare il Monte a Pescia!

Giuriamo fede in Caparrin sovrano

anche se un temporale si rovescia.”

Ripartono guidati da Rinaldi

che ha il fascino e l’età di Garibaldi.

 

Chiarugi che ha redatto la salita

quando il gruppo s’appressa al fatal bivio

a stringersi a coorte tutti invita,

ma loro fuggon subito all’abbrivio.

La spada in ogni mano è già brandita

e gemiti risuonan sul declivio.

“Dagli a Boldrini! Dagli a Nucci! Dagli!”

Sbuffan gli inseguitor come ventagli.

 

Nell’estasi del fiato e della spinta,

quando lontano par l’ambito ostello

e la lena nei cor non è ancor vinta,

la strada s’interrompe senza appello

e in volto delusion lascia dipinta.

“Tutta qui?” Dice Zio sotto il cappello.

Ed ogni altro che varca questa soglia

di salire rimane con la voglia.

 

“Ma l’italico canto ancor non cessa.”

Ricorda Caparrini ai pii compagni

mentre li porta alla rituale messa.

“Pria che il ciel malinconico ci bagni

il nostro enfatico cammin s’appressa

a risorgimentale sosta Pagni.”

Strinti a coorte dietro a Caparrini

a Pescia invadono Piazza Mazzini.

 

Caparrini chiamò ma dentro il barre

entraron pochi a leggere il vangelo

perché molti si fecero distrarre

dalle minacce dell’ombroso cielo.

Così sbocconcellando dolci barre

qualcuno senza indugio tagliò il telo.

Chi rimase tornando senza fretta

ebbe l’onor dell’acqua benedetta.

 

I fratelli d’Italia un po’ bagnati

uniti ritornarono alla meta

in cinque o sei gruppetti separati.

Pure la musa unita al suo poeta

sdegnata lo lasciò per altri vati,

sì che questa puntata fu incompleta,

e nessun mai saprà che qui si canta

la nuova festa dei centocinquanta.