08/05/2016 Il gigione rifondato
Il segno lasciato dall'avo Mancini alias Mandolino, alla sua
seconda esperienza tintica, sulla strada della catabasi avrebbe
potuto prolungare fino a questa cronaca quel silenzio di
turbamento che ha accompagnato i suoi compagni d'integralismo da
Pistoia a Empoli. E invece siamo qui a narrare, con ordine però.
Nessuno poteva prevedere, neanche in questo periodo di
riformismo, che la Classica Tinti, più antica della seconda
repubblica, più immutabile della Costituzione, più disertata
delle sedute parlamentari, potesse in un sol giorno cambiare
data, orario di partenza e percorso d'anabasi. Il motivo di
tanta innovazione è stato il ritorno all'antico, la
rimemorazione del primigenio ristorante Tinti che sembrava
definitivamente estinto. E invece il gigione ristoratore è
andato proprio a riesumare lo storico marchio, confermando
contro l'incredulità ciclistica che anche i sedentari possono
pranzare la domenica pagando il conto al ristorante. Tinti però,
nonostante sappia trasformare un pezzo di tovagliolo in una
banconota da venti euri, non voleva che questa manovra
nostalgica divenisse un'opera di beneficienza e ha deciso di
aprire solo con la bella stagione perché a Casamarconi sedentari
affamati se ne trovano pochi e semmai da maggio a settembre. Da
qui la concatenazione di eventi che ha prodotto la rivoluzione:
a maggio è già scattata l'ora legale dell'Empolitour e non si
può tornare indietro; con l'ora legale si parte alle otto;
partendo alle otto con l'anabasi classica di Goraiolo si
arriverebbe al panem et circenses prima delle undici; e
prima delle undici non pranzano nemmeno in ospedale. Caparrini,
supremo custode dell'ortodossia e della nutrizione, ha cosi
deciso di tradire la tradizione e introdurre un'anabasi più
ariosa e convoluta per arrivare al tintico desco non prima della
cuoca. Prescelta fu Macchia Antonini, salita estiva non
certificata per record di scalata o per sfide contro Boldrini,
ma utile per dilazionare la già discutibile fame.
La tradizione è comunque rispettata dall'ingannevole numero di
partecipanti ignari forse della nuova normativa caparriniana
anti-riduzionismo che prevede il deterrente dell'esclusione da
citazioni. Rappresentano tutto lo spettro dell'agnizione, dal
noto all'ignoto, ortodossi ed eterodossi, dall'ormai già citato
Boldrini a un tizio vestito da Boasson Hagen e un bianco con
natiche in trasparenza, fino alla testimoniata parvenza dei
figmenti di Bagnoli L e Rinaldi. Diluiti uno a tre ci sono
anche dieci integralisti dichiarati, otto dei quali
indossano l'innovativa livrea bionica in Dryarn con la
sponsorizzazione antifrastica del sarto Vifra. Bertelli,
Caparrini, Chiarugi, Maltana, Mancini, Nucci Ri, Nucci Ro, Pagni,
Pisaturo e Salani: la storia e l’iconografia ricorderà questi
gastrociclisti. L'abito nuovo, che i detrattori paragonano a
pigiama, li protegge dalle bizzarrie di questo maggio odoroso ma
nuvoloso, e i profumi dei fiori nei verdeggianti campi ne
impregnano le fibre annullando anche i miasmi del sudore
presidenziale.
Quando però nella verzura della Svizzera Pesciatina si
cominciano a profilare le prime sudorazioni avviene
l'imponderabile: la strada della Val di Forfora è stata
espugnata da un rally. Un moto retrogrado di ciclisti sconsolati
dissuade subito da ogni tentativo di forzare il posto di blocco.
Caparrini che nelle grandi occasioni è riuscito a guidare il suo
esercito contro ogni baluardo apparentemente invalicabile, al
motto di "strada chiusa ma non per noi", non si perde d'animo ed
opta per una valle alternativa, quella di Torbola, conducente al
desco con un minimo aggravio di chilometri. Il provvedimento
frutta un immediato scorporo di riduzionisti, quelli più vili,
capitanati da Ulivieri, che ambivano al palliativo Vellano e che
desistono al primo segnale di stop regredendo per vie
palindromiche. Rimangono quelli meno eversivi che speravano in
una marginale citazione cassando quella che in realtà è la parte
più dura e simbolica del percorso, cioè il ristorante. Boldrini,
Nozzoli e Scardigli hanno programmato anabasi e catabasi senza
interruzione secondo i dettami del ciclismo serio, ma qualche
gastrociclista più ardito, come Chiarugi, i due Nucci, Pisaturo
e Salani, non disdegnerebbe di staccarli o in subordine di
staccare il solo Boldrini e poi pranzare con più cognizione di
merito.
Nel rigoglio della belligeranza però il sospetto che anche la
Val di Torbola sia deturpata dal rally comincia a crescere coi
primi rombi e si concretizza a Stiappa davanti ad un
inequivocabile tavolo di cronometristi dove sfilano quei
petulanti veicoli non compatibili con le biciclette. La notizia
d'impenetrabilità dissolve in un attimo anche la seconda falange
di riduzionisti, tranne Garosi che si mescola agli integralisti
per evitare almeno un ignominioso anda-e-rianda. Perché
Caparrini consultando lo starter ha ricevuto la speranza
d'apertura del varco dopo venti minuti. Non hanno fretta, né
fame, né alternativa per salvare la classica: i dieci candidati
accettano seraficamente questa prognosi anche quando diventa di
mezz'ora, di quaranta minuti e infine di un'ora. Alle
rimostranze dell'impaziente Garosi i giudici sono inflessibili e
gli vietano la scia delle auto.
La liberazione dei ciclisti arriva coi primi crampi di fame
dell'arconte Pagni che deve essere atteso con Mancini sulla
fatidica Macchia Antonini, ma da lì al Tinti in persona e in
insegna non c'è margine di botta. Il gigione accoglie gli
astanti con la solita cordialità e il solito maglioncino di
febbraio e li intrattiene con una bustina di zucchero versato a
scomparsa e ricomparsa nel pugno. Poi Caparrini azzarda una
timida ipotesi di riduzione delle razioni a causa del ritardo
accumulato, ipotesi che non arriva in fondo alla formulazione
perché Pagni senza contraddittorio asseconda tutte le offerte
del facondo ristoratore: zonzelle, ravioli, polenta, carciofi
fritti e dolci, depositati e utilizzati senza temibili avanzi
nonostante le crescenti ritrosie. Tutti collaborano al
raggiungimento della consumazione totale, anche le ipocaloriche
Bertelli e Maltana, mentre Mancini si specializza nello
smaltimento dei liquidi e Pisaturo, già famelico di default, ha
percorso e percorrerà appendici di chilometraggio per migliorare
il rendimento coi solidi.
Si alzano insomma sazi e paghi pronti ad affrontare nubi, temporali, sbadigli e rigurgiti durante la catabasi. Ma il fato ancora una volta era in agguato. La discesa delle Piastre che solitamente non creava turbamenti gastrici in vista delle pirosi sul San Baronto, sembrava un piacevole intermezzo digestivo quando Mancini, gravato da copiose libagioni, decide di sorpassare con impeto subitaneo e incomprensibile Salani, Pagni e Caparrini che lo vedono franare sulla tangente d'asfalto alla successiva curva. Con naso e bocca descrive sul suolo una scia di sangue che rende agghiacciante la scena dove lui giace esanime a bordo strada. Seguono concitazioni in mezzo al traffico con risalita dei ciclisti mancanti che arrivano quando il sinistrato Mandolino lascia intravedere i primi segnali di coscienza. Casualità ed efficienza portano presto in loco due ambulanze e un'automedica e col passare dei minuti sembra attenuarsi l'iniziale tragicità. Così Mancini termina la Classica Tinti all'ospedale di Pistoia con qualche dente in meno e la bicicletta in custodia nella casa dove era finita in scivolata. Comunque non vuole essere tradotto in ambulanza finché non riceve da Caparrini la rassicurazione che non sarà tacciato di percorso ridotto. Per gli altri è un lungo silenzio fino a Vinci interrotto solo dalla caduta in ripartenza di Pisaturo urtato dal distratto Chiarugi. L'integrità del tessuto del completino bionico in ambedue i sinistri aggiunge un piccolo sorriso in quello che nonostante tutto sarà ricordato come lieto fine.
Fototinti 2016
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Partenza Braccia conserte e riduzionisti parlottanti ignari del gramo destino. |
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Arriva il presidente a zittire e sollecitare. |
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Stiappa. La salita appena cominciata è già finita. Lo sgomento presidenziale. |
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L'attesa è a tempo indeterminato. Dei riduzionisti resta solo Garosi (di schiena con la maglietta ancestrale). |
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Ultima macchina che prende il via. Caparrini pressa i cronometristi e la Bertelli spippola. |
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Impazienza e rassegnazione dopo mezz'ora. Come al Tour c'è da spettare il fin de course. |
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Casamarconi Finalmente Tinti. L'insegna riesumata. |
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Primi circenses. Pagni e Bertelli testimoni della sparizione dello zucchero... |
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...e poi della trasformazione di un tovagliolo in banconota. |
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Panem Il presidente incigna il primo del tris di primi. |
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E non si ferma nemmeno alla disdegnata polenta con lo sguardo complice di Salani. |
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Commensali seriamente impegnati nella consumazione. |
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Mandolino ridente e nutritivo. |
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Pagni ugualmente ridente e fiero per la conquista degli avversati carciofi fritti. |
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Prima posa unanime con gigione Tinti. |
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Seconda posa unanime. Bertelli osserva il dettaglio dei pantaloncini bionici di Caparrini e Mancini con fondello a forma di vulva. |
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Verso la catabasi. Seria espressione di Mancini inconsapevole del fato ingrato. |